30 marzo 2010

Recensione: Final Fantasy Crystal Chronicles: The Crystal Bearers

Final Fantasy Crystal Chronicles: The Crystal Bearers è l’ultimo esponente della saga di Square-Enix nata anni addietro su Gamecube. Mentre i capitoli precedenti si configuravano come Action Rpg votati al multiplayer, la nuova avventura abbandona le vecchie meccaniche per offrire al giocatore la possibilità di esplorare con maggiore libertà un mondo vasto e ricco di avventure.


Circa mille anni sono passati dagli eventi del primo Crystal Chronicles ed una sanguinosa guerra scoppiata tra la razza dei Lilty e quella degli Yuke ha portato enormi cambiamenti nel mondo. Mentre i primi sono divenuti gli attuali reggenti, i poveri Yuke sono stati completamente annientati, portando con loro tutte le conoscenze relative alle arti magiche.



Un giorno, il giovane Layle, un ragazzo sfrontato ed un po’ egoista, viene assoldato dal regno per un altro noiosissimo incarico: scortare l’Alexis, una nave passeggeri appena costruita ed in partenza per il suo viaggio inaugurale. Il compito si rivela però tutt’altro che noioso e orde di mostri si materializzano da ogni parte nel tentativo di distruggere il trasporto. Layle non resta fermo a guardare e si lancia nella mischia forte dei suoi poteri telecinetici. La battaglia sembra essere finita quando uno Yuke gli si para davanti, da questo incontro nasce una nuova avventura volta a cambiare le sorti del mondo.

Questo il prologo del gioco, sicuramente di impatto e degno di essere seguito.

Fin da subito appare chiara la scelta di Square Enix di allontanare questo episodio della saga dal genere light-rpg dei precedenti capitoli, inserendolo invece nella softeca Wii come un action/adventure. La struttura di gioco vede il giocatore impersonare i panni di Layle, il giovane Crystal Bearer, i cui poteri magici (oramai sconosciuti ai più) lo hanno reso famoso all’interno della società. Il gioco è una sorta di ibrido tra più generi ed alle volte l’eccessiva frammentarietà dell’azione unita alla mancanza di una meccanica ben definita porta al sorgere di una sensazione di incompletezza ed inappagamento.



Gli amanti dei classici giochi di ruolo potrebbero poi rimanere delusi dall’impossibilità di parlare con tutti i personaggi che capitano a tiro o di non vedere mai evolvere il proprio avatar.

L’elemento che caratterizza maggiormente il nuovo lavoro della software house nipponica è senza dubbio il particolare potere di cui è dotato lo sfrontato Crystal Bearer: attraverso le mani Layle riesce infatti ad incanalare una potente forza telecinetica che gli permette di afferrare oggetti a distanza e di scagliarli a destra e a manca. In questo caso attraverso l’infrarossi del Wiimote si punta l’oggetto che, una volta “raccolto”, può essere lanciato in una direzione a piacere. Il primo impatto con questo sistema risulta abbastanza macchinoso, e più di una volta si finisce col lanciare arnesi dalla parte sbagliata. Il tempo pone parzialmente rimedio al problema, ma di certo il tutto poteva essere realizzato meglio. I movimenti del telecomando permettono infatti il lancio in direzioni predefinite oppure seguendo il puntatore, cosa che rende il potere in qualche modo “ingessato” e facilmente realizzabile con un normale pad dotato di analogici.

Trascorsi i primi minuti di gioco a scagliare qua e là oggetti e persone, si viene introdotti ai primi combattimenti. In alcune zone del mondo di tanto in tanto appare un vortice di miasma che genera mostri a iosa, ed è compito del giocatore porvi rimedio. Il sistema di battaglie può in qualche modo essere paragonato più ad un puzzle game che non ad un action. Dimenticate spade, scudi e magie, l’unica arma a disposizione è la telecinesi. Raccogliendo i nemici è possibile scagliarli nelle varie direzioni e attraverso qualche esperimento bisogna capire qual è il modo migliore per distruggerli. Se ad esempio si spedisce un mostro di fuoco addosso ad uno di acqua questi moriranno istantaneamente. Anche gli oggetti presenti sul terreno posso essere “combinati” e ogni volta che l’azione ha successo il giocatore viene ricompensato dallo sblocco di un obiettivo. Lanciare una bottiglia di vino su un determinato nemico potrebbe farlo ubriacare causandone l’abbassamento della guardia e rendendolo quindi indifeso. Una volta eliminati tutti i pericoli in tempo si può procedere alla chiusura del vortice, azione che ricompensa il giocatore con un frammento di Myrrh, cristallo che aumenta di una tacca l’indicatore della vita (un po’ come i frammenti di cuore di Zelda…). Per poter guadagnare il premio bisogna però sbrigarsi, dopo qualche minuto infatti il vortice si chiude da solo portando con sé la piccola scheggia di Myrrh, per poi riaprirsi solo in seguito in modo casuale.

Se da un lato il sistema di combattimento risulta innovativo dall’altro mostra il fianco ad una progettazione non proprio convincente. I nemici posso essere facilmente evitati e la distruzione del vortice viene effettuata con l’unico fine di estendere in minima parte la barra della salute. In più di un’occasione si finisce così con l’evitare i mostri per proseguire l’avventura senza interruzioni.



Proprio il concetto di interruzione è quello che fa capolino nella testa del giocatore mentre prosegue il viaggio. Gli sviluppatori hanno inserito una serie innumerevole di mini-giochi da compiere., alcuni presenti nelle sub quest (tantissime tra l’altro) ed altri nella quest principale. In mezz’ora di gioco si finisce col guidare una nave attraverso uno stretto canyon, gareggiare a bordo di chocobo, a colpire oggetti in stile sparatutto su binario e altre decine di azioni più o meno riuscite. L’eccessiva frammentarietà dell’avventura e la mancanza di un vero e proprio nucleo centrale di gioco rendono il prodotto “sperimentale” e non ben definito.

Sicuramente il target di età abbastanza basso ha influito anche sulla realizzazione dei menù di gioco e della gestione del personaggio. I combattimenti non ricompensano chi gioca con punti esperienza e l’unico modo per potenziare le abilità di Layle è l’utilizzo di alcuni accessori equipaggiabili che vanno a modificare i valori di Attacco, Difesa, Focus (facilità con cui si sollevano oggetti pesanti), Portata (del potere telecinetico) e Fortuna. Attraverso l’esplorazione e l’uccisione di mostri è poi possibile collezionare materiali con i quali costruire nuovi accessori. Un sistema divertente ma troppo semplificato per portare il nome di Final Fantasy. Da sottolineare anche la pessima realizzazione della mappa che oltre a non poter essere ingrandita, non visualizza strade e passaggi, risultando inutile e fonte di frustrazione.

La maggior parte dei giochi tridimensionali di oggi offrono una regia solitamente discreta che riesce nella maggior parte dei casi a seguire autonomamente il giocatore lungo le sue azioni. Peccato che Square Enix non si sia impegnata in questo senso e che il risultato finale sia decisamente insufficiente. La telecamera, posta alle spalle del protagonista non ruota autonomamente (se non in rare occasioni) e il giocatore è costretto continuamente a correggerne il puntamento attraverso l’uso del d-pad. Data la velocità degli spostamenti e dei combattimenti a volte il numero di pressioni esercitate per “ritoccare” l’inquadratura finisce con l’essere quasi pari a quelle eseguite al fine di controllare il personaggio, cosa quanto meno imbarazzante.

Ottimo il lavoro svolto invece dal punto di vista grafico. Ambienti vasti e ricchi di effetti speciali fanno da sfondo alle avventure dei protagonisti, tutti ottimamente realizzati e ricchi di particolari.



Ben caratterizzati anche i personaggi, divertenti e simpatici sin dai primi momenti. Il dipanarsi della trama viene raccontato attraverso gradevoli cut scenes che rappresentano il miglior motivo per portare a termine il gioco. Evidente sin dai primi istanti la leggera vena umoristica che accompagna i dialoghi, componente che qualcuno potrebbe non percepire a causa della mancata localizzazione di parlato e sottotitoli, tutti rigorosamente in inglese.

Più che discreta la componente audio con musiche orecchiabili ma a volte un po’ ripetitive ed un doppiaggio sufficiente.

Conclusioni:

The Crystal Bearers è un prodotto strano, nel quale ogni aspetto ha due facce contrastanti. La buona caratterizzazione dei personaggi si scontra con la loro totale mancanza di evoluzione nel corso dell’avventura, la piacevole ambientazione mostra il fianco all’assoluta staticità dei personaggi non giocanti, i numerosi mini-giochi non fanno altro che nascondere l’assenza di una meccanica di fondo ben definita ed il potere stesso del protagonista, teoricamente divertente, risulta troppo macchinoso per essere il pilastro portante del gioco. La lunga gestazione del titolo, le voci di una possibile cancellazione del progetto e il lungo silenzio a seguire fanno intuire che non tutto è andato per il verso giusto, e si ha la sensazione che Square Enix abbia in qualche modo realizzato frettolosamente (o addirittura non realizzato, vedi gestione della telecamera) alcune componenti del gioco. Un gioco discreto ma senza dubbio un mezzo passo falso da parte dei programmatori che hanno sprecato un’ottima occasione per mostrare da vicino ai giocatori la bellezza e l’armonia dell’universo di Crystal Chronicles.


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