Sin dalla sua prima apparizione sulle pagine di Famitsu, circa 2 anni fa, Fragile ha iniziato a solleticare la fantasia dei più “esperti” fra i possessori di Nintendo Wii. Le informazioni sono sempre state confuse, addirittura per lunghi mesi il progetto è stato avvolto da un impenetrabile silenzio che ha fatto temere in più frangenti la sua cancellazione.
Ciò che si conosceva però faceva ben sperare nella buona riuscita del titolo, quanto meno nelle tinte, sicuramente più fosche, crudeli, e meno banali della media delle produzioni che hanno invaso la home console di casa Nintendo: un’ambientazione post apocalittica, un ragazzo che affronta il dramma della solitudine dopo la morte del nonno, storie di fantasmi e demoni, sogni infranti, speranze distrutte, filmati in stile anime e una colonna sonora da togliere il fiato.
Insomma, una produzione per tutti “noi” che cerchiamo qualcosa in più in un videogioco.
Sotto questo aspetto, Fragile Dreams: Farewell Ruins of The Moon, non ha di certo tradito le aspettative. Chi è in cerca di un’esperienza profonda, almeno appagante sotto il punto di vista emotivo, o semplicemente aspetta con curiosità un titolo che sappia ben sfruttare le caratteristiche uniche della bianca consolina è certamente stato ripagato della lunga attesa.
Allora perché il gioco non è un blockbuster? Perché fatica e faticherà ad essere annoverato fra le più importanti produzioni Wii?
Welcome to this crazy time…
La trama si apre subito all’insegna della drammaticità: nei panni di Seto, un ragazzo che vive in un Giappone contemporaneo post apocalittico distrutto da catastrofi più o meno naturali, prendiamo il controllo della situazione dopo aver seppellito sotto un cumulo di terra e macerie il cadavere del nonno, l’unica guida che il giovane abbia mai avuto sin dalla sua nascita.
Senza più alcun legame che lo leghi all’osservatorio astronomico in cui i due hanno vissuto, Seto decide di partire alla ricerca di altri sopravvissuti verso “la grande torre luminosa” che si erge spavalda all’orizzonte, unico bagliore artificiale a sfidare le tenebre della notte.
E’ la tematica della solitudine il liet motive dell’intera l’avventura. Seto è solo, ed è estremamente drammatico come anche una radio semi-senziente, trovata fra le rovine della metropolitana, diventi una compagnia fondamentale per continuare a sopravvivere, ma soprattutto per continuare a sperare in un futuro che non sia soltanto un mero pellegrinaggio senza meta e senza confronti. Più volte il plot narrativo evidenzia con superba maestria l’intenso dramma di una simile condizione di vita, con risvolti e colpi di scena imprevisti ed originali, inimmaginabili nelle prime battute di gioco.
A questo aspetto così triste, però, non si può negare come si contrapponga in maniera altrettanto potente il fascino immenso di un mondo che lentamente sta tornando di proprietà della natura stessa.
Sono ancora ben visibili i segni della civiltà, si stagliano imponenti le grandi opere che l’uomo ha costruito per celebrare se stesso o anche solo per aumentare le comodità della vita, ma tutto giace inutile e quasi totalmente consumato in una coltre di silenzio. I centri commerciali, oppure i grattacieli, o anche i luna park, non sono più centri commerciali, grattacieli, o luna park: sono soltanto dei monumenti, dedicati ad un passato dominato dall’uomo che si sta sgretolando, in una nuova era dove non c’è più nessuno che li possa apprezzare per quello che sono. Sono come giganteschi fossili, destinati a sbriciolarsi e a tornare cenere, davanti ad una natura che rimargina le profonde cicatrici inferte dallo sviluppo umano.
Uno scenario terrificante, ma che risveglia al tempo stesso la nostra ancestrale affinità con il mondo della natura. Qualcuno in sostanza, finirà nonostante tutto per invidiare la pace, la tranquillità e la spettacolarità del mondo in cui Seto vive.
Is there nothing left in this heart to express?
Fragile Dreams è un adventure esplorativo, con una spiccata influenza survival e solo un pizzico di elementi tratti dai giochi di ruolo.
Seto deve esplorare gli ambienti che lo circondano proseguendo verso la torre delle telecomunicazioni di Tokyo. Di tanto in tanto sul nostro cammino possiamo avvertire dei nemici, in pieno stile Silent Hill. Per renderli visibili dobbiamo puntare la torcia nella loro direzione. Possiamo quindi decidere se eliminare i nostri avversari con delle semplici combo, ottenibili attraverso diversi tempismi nella pressione del tasto A, oppure se evitare questi scontri, cosa che contribuisce a non affossare troppo il gameplay della produzione.
Le armi a disposizione sono di tre tipi: a corta gittata, a portata, e a distanza. Le armi a corta distanza sono costituite da pezzi i legno o tubi di ferro e non hanno alcuna caratteristica particolare. Le armi a portata, come i badili, hanno una portata d’attacco maggiore, infliggono danni maggiori, coprono una maggiore area attorno a Seto ma sono anche più lente. Infine le armi a distanza, come archi e fionde, si usano semplicemente puntando il nemico con il Wiimote e scoccando il colpo con la pressione di un tasto.
Da notare come ogni arma sia contraddistinta da una propria resistenza. Una volta superata, dopo innumerevoli colpi inferti, lo strumento si rompe perdendo gran parte della sua efficacia.
Nulla di particolarmente affascinante o complesso che meriti un encomio, ma abbastanza in linea con altri esponenti dello stesso genere d’appartenenza.
L’inventario è gestito in modo non molti dissimile ai titoli della serie di Resident Evil, ovvero con una scacchiera in cui dobbiamo riuscire a riporre ad incastro gli oggetti che troviamo durante l’esplorazione. Se dovessimo eccedere gli slot massimi a nostra disposizione possiamo sempre depositare il materiale di cui non necessitiamo all’interno di un baule, accessibile solamente durante i suggestivi save point disponibili accendendo dei falò nei pressi di alcuni bidoni.
Seppure è vero che l’inventario che Seto porta con sé presenta una capacità di carico davvero ridotta, è altrettanto vero che i save point sono molto frequenti. Sono quindi assolutamente fuoriluogo eventuali critiche riguardanti la limitata capienza dello zaino: basta aver giocato ad un qualsiasi survival horror degli ultimi 15 anni (senza far nomi già noti) per avere un minimo di dimestichezza con queste dinamiche.
Alla luce del fuoco dei save point, inoltre, Seto può identificare alcuni oggetti misteriosi rinvenuti durante l’esplorazione. Solitamente si tratta di particolari artefatti, come un origami o una scarpa, ma che portano con loro i ricordi di una storia, che ci verrà elegantemente presentata in forma scritta a tutto schermo, accompagnata anche da una voce fuoricampo. Sarà poi possibile riascoltare queste brevi narrazioni in ogni momento accedendo al baule.
Purtroppo però Fragile paga, sotto il punto di vista del gameplay, una varietà di situazioni non certo invidiabile.
L’elemento jrpg è dato dalla presenza di HP numerici sia per Seto che per i nemici, oltre che alla possibilità di effettuare svariati level up per aumentare la resistenza, la forza e la vitalità del nostro giovane eroe.
Il level design è appena sufficiente per farci apprezzare la bellezza degli scorci visivi e l’immenso lavoro effettuato dagli artisti che hanno lavorato in Namco Bandai. Nella maggior parte delle situazioni dobbiamo risolvere dei semplici enigmi ambientali che si basano molto più sull’uso magistrale dello speaker del Wiimote, o in generale della sfera visiva, che sul ragionamento.
Non vi sarebbe alcun problema, se non fosse che proseguendo nell’avventura si avverte in maniera netta e fastidiosa come la presenza del backtracking introdotto da questi enigmi sia artificialmente allungata per aumentare la longevità del titolo: a volte Seto deve svolgere delle commissioni per conto di alcune entità, o deve trovare oggetti o persone nascosti, niente di spaventoso quindi, ma il numero di commissioni che ci viene richiesto ben presto porta alla noia e spinge quasi ad odiare chi ci chiede aiuto, rovinando in parte quell’empatia che invece dovrebbe permeare un’atmosfera così particolare. Aleggia come uno spettro inquietante quindi una certa povertà di idee di fondo.
A livello di implementazione dei comandi Fragile risulta un buon prodotto. L’uso del puntatore per direzionare la torcia di Seto è ottimo, a patto di scendere a compromessi con una gestione della telecamera non certo ineccepibile. Ad interferire con questo schema ben pensato di comandi è, ancora una volta, il level design: delle stanze piccole, piene di mobilia o macerie, sono l’ambiente meno adatto per apprezzare un puntatore. Più di una volta infatti Seto indirizzerà la torcia in una direzione completamente casuale rispetto a dove stiamo mirando, per il semplice motivo che il puntatore, per alcuni istanti, passa su oggetti in primo piano piuttosto che sugli angoli lontani della stanza. Se poi in queste stanze minuscole compaiono dei nemici la frittata è fatta.
Purtroppo il gameplay dell’ultima fatica di tri-Crescendo è solo un “fragile” pretesto per differenziare l’esperienza di gioco da quella che, forse, sarebbe stata un’esperienza migliore se sceneggiata da un anime ben confezionato.
Una luce misteriosa e affascinante
Ormai è concezione comune che un buon prodotto grafico si contraddistingue non solo per la tecnica ma anche per lo stile. Fragile primeggia in entrambe le categorie. Non solo risulta nel complesso godibile a livello visivo, vuoi per l’uso sapiente dei colori, vuoi per il modo magistrale con cui è stato implementato il sistema di illuminazione, vuoi per le buone texture e per l’accettabile aliasing, ma anche e soprattutto per l’ottimo lavoro degli art director ed in generale per l’ambientazione post apocalittica che giustifica pienamente la povertà di alcuni scenari.
In più di un’occasione gli ambienti costruiti da tri-Crescendo lasciano impauriti, terrificati, oppure semplicemente estasiati davanti alla brutale bellezza della natura che trova la sua vendetta sulle cicatrici inferte dall’uomo, a volte inghiottendo semplicemente tutto in una coltre di buio, spezzata solo dalla luce della luna, delle stelle, e di un’alba lontana lontana.
A coronare il tutto è presente un comparto audio di primissima qualità. Le poche tracce presenti, davvero notevoli a livello melodico, lasciano il giusto spazio ai rumori ambientali della natura. Nulla da eccepire nemmeno sul doppiaggio, disponibile in lingua giapponese.
E’ inoltre da segnalare come Fragile sfrutti in modo adeguato anche lo speaker del Wiimote, una feature che viene ignorata troppo spesso dagli sviluppatori che si approcciano alla home console Nintendo, ma che invece è in grado di aumentare notevolmente il coinvolgimento del giocatore.
Conclusioni
Fragile è un prodotto per pochi appassionati: immaginate un bellissimo quadro posto sulla cima di una torre. Per riuscire ad apprezzarlo è necessario salire centinaia di gradini, e non è detto che tutti ne abbiano voglia. Nessuna metafora è più appropriata per descrivere Fragile Dreams: Farewell Ruins of The Moon.
Il level design basilare ed il gameplay rovinato in parte sia dal level design stesso che dalle quest monotone e noiose rappresentano i gradini che un giocatore deve percorrere se vuole arrivare all’opera d’arte, alla piccola perla nascosta in soffitta, rappresentata da un comparto narrativo splendido, da una direzione artistica magistrale e da una storia molto profonda.
Come tutte le cose belle, poi, una volta arrivati al cuore della produzione è questione di un attimo prima che finisca.
Chi si appresta a comprare Fragile Dreams: Farewell Ruins of The Moon sia consapevole dei meriti del titolo, ma sia anche consapevole dei suoi limiti e della sua scarsa longevità.
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